lunedì 4 luglio 2016

Le difficoltà del lavoro delle donne


Con uomini, figli, padri e mariti bloccati sul fronte di guerra, le donne, come abbiamo già avuto occasione di raccontare altre volte, avevano dovuto farsi carico anche del sostentamento economico della famiglia, andando a lavorare al posto degli uomini che combattevano al fronte. Tuttavia, molto spesso le condizioni di lavoro a cui dovevano sottostare non erano per niente simili a quelle degli uomini. La Risaia decide di evidenziare questo aspetto e a metà aprile pubblica un articolo proprio su questo argomento.


«L’anno scorso – scrive il giornale – le donne che si recavano sul finir dell’inverno nell'acqua fredda a spianare la risaia con la zappa prendevano sulle fini di Vercelli ventotto soldi al giorno e nelle cascine un po’ lontane trenta» (La Risaia, 8 aprile '16). Con l’anno nuovo e la necessità di più manovalanza e generi di prima necessità anche gli agricoltori avevano deciso di aumentare la paga delle loro braccianti, ma solamente di due soldi. Un aumento che però appare a tutti troppo basso per rispondere in modo adeguato alle difficoltà portate dalla guerra, soprattutto guardando a territori vicino al vercellese, dove la paga era stata aumentata anche di cinque/sei soldi. Per questo, sfruttando un momento favorevole, «con la panissa o minestra due volte al giorno, sospesero il lavoro con la speranza di ottenere qualcosa di più. Ma la difficoltà di far sciopero in questi momenti, già segnalato dall’On. Cugnolio alla Camera dei Deputati, apparve quasi subito. L’organizzazione delle donne è debole e gli uomini che avrebbero potuto incoraggiare il movimento sono al fronte». La cosa era resa ancora più difficile dal sussidio dei 60 centesimi concesso dal governo, che permetteva a molte donne di accontentarsi di una paga più bassa di quella a loro dovuta. Non solo: «La disoccupazione incalza e piuttosto che niente ci si accontenta di poco e si confida che abbia a cessare la guerra. Le donne vercellesi che sospesero il lavoro per due giorni della settimana scorsa vi tornarono lunedì. Martedì giunse notizia che erano ferme le donne di Ronsecco e che avevano sospeso il lavoro anche gli uomini senza che si conoscessero ancora le loro precise intenzioni».


La mancanza di coordinazione e le difficoltà di farsi sentire per i propri diritti, quindi, stavano avvantaggiando i padroni, che non solo possono pagarle meno, ma «a danno delle lavoratrici - tentano – un’altra speculazione. Trenta o trentadue soldi dev'essere il prezzo del lavoro ordinario della primavera per le donne (…). Ma la mancanza della mano d’opera maschile persuade gli agricoltori a far loro eseguire anche i lavori che prima erano devoluti agli uomini». Questi lavori, però vengono pagati meno rispetto a quello che ricevevano gli uomini. «Se le donne si  adatteranno a fare quel lavoro per quel prezzo danneggeranno i loro uomini che quando torneranno a casa troveranno che le donne hanno preso il loro posto e che i padroni non vorranno più pagare che circa trenta soldi al giorno pei lavoratori della primavera». Una evenienza da evitare a tutti i costi. 

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