Con uomini, figli, padri e mariti
bloccati sul fronte di guerra, le donne, come abbiamo già avuto occasione di
raccontare altre volte, avevano dovuto farsi carico anche del sostentamento
economico della famiglia, andando a lavorare al posto degli uomini che
combattevano al fronte. Tuttavia, molto spesso le condizioni di lavoro a cui
dovevano sottostare non erano per niente simili a quelle degli uomini. La Risaia decide di evidenziare questo
aspetto e a metà aprile pubblica un articolo proprio su questo argomento.
«L’anno scorso – scrive il giornale – le
donne che si recavano sul finir dell’inverno nell'acqua fredda a spianare la
risaia con la zappa prendevano sulle fini di Vercelli ventotto soldi al giorno
e nelle cascine un po’ lontane trenta» (La
Risaia, 8 aprile '16). Con l’anno nuovo e la necessità di più manovalanza e generi di
prima necessità anche gli agricoltori avevano deciso di aumentare la paga delle
loro braccianti, ma solamente di due soldi. Un aumento che però appare a tutti
troppo basso per rispondere in modo adeguato alle difficoltà portate dalla
guerra, soprattutto guardando a territori vicino al vercellese, dove la paga
era stata aumentata anche di cinque/sei soldi. Per questo, sfruttando un
momento favorevole, «con la panissa o minestra due volte al giorno, sospesero
il lavoro con la speranza di ottenere qualcosa di più. Ma la difficoltà di far
sciopero in questi momenti, già segnalato dall’On. Cugnolio alla Camera dei
Deputati, apparve quasi subito. L’organizzazione delle donne è debole e gli
uomini che avrebbero potuto incoraggiare il movimento sono al fronte». La cosa
era resa ancora più difficile dal sussidio dei 60 centesimi concesso dal
governo, che permetteva a molte donne di accontentarsi di una paga più bassa di
quella a loro dovuta. Non solo: «La disoccupazione incalza e piuttosto che
niente ci si accontenta di poco e si confida che abbia a cessare la guerra. Le
donne vercellesi che sospesero il lavoro per due giorni della settimana scorsa
vi tornarono lunedì. Martedì giunse notizia che erano ferme le donne di
Ronsecco e che avevano sospeso il lavoro anche gli uomini senza che si
conoscessero ancora le loro precise intenzioni».
La mancanza di coordinazione e le
difficoltà di farsi sentire per i propri diritti, quindi, stavano
avvantaggiando i padroni, che non solo possono pagarle meno, ma «a danno delle
lavoratrici - tentano – un’altra speculazione. Trenta o trentadue soldi dev'essere il prezzo del lavoro ordinario della primavera per le donne (…). Ma
la mancanza della mano d’opera maschile persuade gli agricoltori a far loro
eseguire anche i lavori che prima erano devoluti agli uomini». Questi lavori,
però vengono pagati meno rispetto a quello che ricevevano gli uomini. «Se le
donne si adatteranno a fare quel lavoro
per quel prezzo danneggeranno i loro uomini che quando torneranno a casa
troveranno che le donne hanno preso il loro posto e che i padroni non vorranno
più pagare che circa trenta soldi al giorno pei lavoratori della primavera».
Una evenienza da evitare a tutti i costi.
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