Nuove storie di vita militare continuano
a essere raccontate sulla Sesia ogni
settimana. Alcune, oltre a tradizionali toni patriottici e storie famigliari,
ne spunta fuori qualcuna che parla di redenzione personale attraverso il
sacrificio fatto al fronte. Uno di questi viene fatto dal giornale vercellese
il 18 gennaio, in occasione del ritorno di molti militari dal fronte per la
licenza.
«Di questi giorni – racconta La Sesia – i treni, le vie della città,
quelle dei nostri borghi formicolano di soldati d’ogni reggimento, d’ogni
classe, che vengono a casa in licenza, la sospirata licenza che li restituisce
per pochi giorni alle gioie ed alle tenerezze della famiglia» (La Sesia, 18 gennaio ’16). I soldati che
arrivano in licenza sono di diversa estrazione sociale ed età: «vigorosi
fucilieri già veterani della Libia, misti ai giovani soldati delle ultime leve
ed alle reclute delle ultimissime: dei giovanotti imberbi, quasi ancora
ragazzi, ma fieri, risoluti, superbi delle belle prove già fatte, delle rudi fatiche sopportate (…)
Questo sentimento di giusto, legittimo orgoglio brilla negli occhi di tutti
questi valorosi, fatti segno, in questi giorni, a tante affettuose
dimostrazioni». Ma un soldato in particolare attira l’attenzione del giornale
per la peculiarità della sua storia personale, e soprattutto per il fatto che la
guerra pare averlo cambiato … in meglio. «Il pensiero del dovere compiuto
compie, anche altre metamorfosi, delle trasformazioni, non solamente materiali,
ma anche, e soprattutto, spirituali» spiega La
Sesia.
Soldati in attesa di partire per la licenza (fonte www.14-18.it) |
Non tutti i soldati, racconta il
giornale, sono per forza bravi cittadini, giovani onesti di buone famiglie,
umili lavoratori che sono l’orgoglio dei loro genitori. Tra questi soldati
partiti per il fronte ogni tanto «balza fuori di tanto in tanto la figura
trasformata di qualche traviato, che ebbe nel passato anche dei conti da
sistemare con la giustizia del suo paese» persone che «Il Saragat – nel suo libro – ha definito il “mondo birbone”; in quel
mondo dei reietti, dei pregiudicati, dei sottoposti a vigilanza speciale, dei
sospettati in permanenza, sui l’occhio della polizia vigile ed indagatrice si
porta alla scoperta di ogni malefatta di ogni ruberia». Di queste facce, se ne
erano viste diverse partire per il fronte; ma al loro ritorno essi non erano
più le stesse persone che sono partite. La vita trascorsa al fronte, indossando
la divisa e compiendo valorosamente il loro dovere, li aveva cambiati nel
profondo. Uno di questi, «di questa schiera fra i più marcati. La figura stessa
lo segnalava come un triste soggetto. Lurido , losco, scarmigliato, con gli
abiti a sbrandoli ed il berretto unto sulle ventiquattro, l’occhio torvo, il
mozzicone spento fra le labbra, il fare spavaldo e l’andatura strascicante del
teppista». Eppure proprio questa persona si era presentata una settimana prima
a richiedere indumenti per l’inverno e se non fosse stato per il nome, afferma
il giornale, non sarebbe stato riconosciuto.
Soldati sui treni in viaggio per tornare a casa (fonte www.14-18.it) |
«Avevamo davanti a noi un bell’Alpino,
tracagnotto, ma dritto e poderoso (…)
aveva in tutto l’insieme un aspetto di distinzione negli occhi un raggio
d’orgoglio (…) È già stato ferito, non da un proiettile, ma da uno di macigni
che gli austriaci (…) Ne parla con un senso di soddisfazione, come di una prova
bene superata e come una buona promessa per l’avvenire». La conclusione non può
che essere una solamente … La guerra sta servendo al giovane per espiare le sue
colpe, lavare la sua coscienza, «cancellare il suo passato obbrobrioso e
restituirlo alla società il mondo delle peccata d’un tempo non lontano».