giovedì 24 marzo 2016

Il soldato redento dalla guerra

Nuove storie di vita militare continuano a essere raccontate sulla Sesia ogni settimana. Alcune, oltre a tradizionali toni patriottici e storie famigliari, ne spunta fuori qualcuna che parla di redenzione personale attraverso il sacrificio fatto al fronte. Uno di questi viene fatto dal giornale vercellese il 18 gennaio, in occasione del ritorno di molti militari dal fronte per la licenza.


«Di questi giorni – racconta La Sesia – i treni, le vie della città, quelle dei nostri borghi formicolano di soldati d’ogni reggimento, d’ogni classe, che vengono a casa in licenza, la sospirata licenza che li restituisce per pochi giorni alle gioie ed alle tenerezze della famiglia» (La Sesia, 18 gennaio ’16). I soldati che arrivano in licenza sono di diversa estrazione sociale ed età: «vigorosi fucilieri già veterani della Libia, misti ai giovani soldati delle ultime leve ed alle reclute delle ultimissime: dei giovanotti imberbi, quasi ancora ragazzi, ma fieri, risoluti, superbi delle belle prove  già fatte, delle rudi fatiche sopportate (…) Questo sentimento di giusto, legittimo orgoglio brilla negli occhi di tutti questi valorosi, fatti segno, in questi giorni, a tante affettuose dimostrazioni». Ma un soldato in particolare attira l’attenzione del giornale per la peculiarità della sua storia personale, e soprattutto per il fatto che la guerra pare averlo cambiato … in meglio. «Il pensiero del dovere compiuto compie, anche altre metamorfosi, delle trasformazioni, non solamente materiali, ma anche, e soprattutto, spirituali» spiega La Sesia.

Soldati in attesa di partire per la licenza (fonte www.14-18.it)
Non tutti i soldati, racconta il giornale, sono per forza bravi cittadini, giovani onesti di buone famiglie, umili lavoratori che sono l’orgoglio dei loro genitori. Tra questi soldati partiti per il fronte ogni tanto «balza fuori di tanto in tanto la figura trasformata di qualche traviato, che ebbe nel passato anche dei conti da sistemare con la giustizia del suo paese» persone che «Il Saragat – nel suo libro – ha definito il “mondo birbone”; in quel mondo dei reietti, dei pregiudicati, dei sottoposti a vigilanza speciale, dei sospettati in permanenza, sui l’occhio della polizia vigile ed indagatrice si porta alla scoperta di ogni malefatta di ogni ruberia». Di queste facce, se ne erano viste diverse partire per il fronte; ma al loro ritorno essi non erano più le stesse persone che sono partite. La vita trascorsa al fronte, indossando la divisa e compiendo valorosamente il loro dovere, li aveva cambiati nel profondo. Uno di questi, «di questa schiera fra i più marcati. La figura stessa lo segnalava come un triste soggetto. Lurido , losco, scarmigliato, con gli abiti a sbrandoli ed il berretto unto sulle ventiquattro, l’occhio torvo, il mozzicone spento fra le labbra, il fare spavaldo e l’andatura strascicante del teppista». Eppure proprio questa persona si era presentata una settimana prima a richiedere indumenti per l’inverno e se non fosse stato per il nome, afferma il giornale, non sarebbe stato riconosciuto.


Soldati sui treni in viaggio per tornare a casa (fonte www.14-18.it)
«Avevamo davanti a noi un bell’Alpino, tracagnotto, ma dritto e  poderoso (…) aveva in tutto l’insieme un aspetto di distinzione negli occhi un raggio d’orgoglio (…) È già stato ferito, non da un proiettile, ma da uno di macigni che gli austriaci (…) Ne parla con un senso di soddisfazione, come di una prova bene superata e come una buona promessa per l’avvenire». La conclusione non può che essere una solamente … La guerra sta servendo al giovane per espiare le sue colpe, lavare la sua coscienza, «cancellare il suo passato obbrobrioso e restituirlo alla società il mondo delle peccata d’un tempo non lontano». 

giovedì 17 marzo 2016

Il calmiere sul prezzo del pane



Le discussioni più accese del periodo estivo furono quelle relative al prezzo del pane. Questo problema, che colpiva tutti gli strati della popolazione, era particolarmente sentito da ogni parte politica, che chiedeva l’intervento del governo centrale per un calmiere sui prezzi dei generi di prima necessità. Nonostante i calmieri già esistenti dal 1914, infatti, il prezzo di grano e pane era costantemente cresciuto, soprattutto dopo l’ingresso in guerra dell’Italia. Come abbiamo già scritto, il problema della carenza degli uomini per la mietitura aveva creato disagi e costi aggiuntivi, ma il problema più grave era quello creato dalle speculazioni che alcuni coltivatori e mugnai facevano, razionando il grano per avere maggiori guadagni. La giunta comunale più volte si appellò al parlamento perché volesse porre calmieri sui prezzi e perché chiarisse i prezzi e le quantità del grano importato dall’estero proprio per evitare il rischio di speculazioni. Il problema fu parzialmente risolto con l’emanazione di nuove leggi sul calmiere e grazie all’intervento del Consorzio Granario Provinciale che si fece distributore ufficiale di grani e farine per la provincia.
Concerie e calzaturifici per l’esercito
Un Regio decreto ordinò che le concerie e i calzaturifici aumentassero la produzione di calzature, in particolare di scarponi, per le forniture militari. Si chiedeva di produrre tutto il possibile per andare incontro alle pressanti esigenze del Regio esercito, che non riusciva a sopperire nemmeno grazie alle forniture portate dagli stessi richiamati.

Il primo morto all’ospedale di Biella
Col passare delle settimane l’ospedale militare di Biella iniziò a svuotarsi per le avvenute guarigioni dei soldati, che furono, quindi, reinviati al fronte. Ma il ricambio era continuo e nonostante molti tornassero a combattere altrettanti ne prendevano il posto, sempre accolti da grandi segni di affetto da tutta la popolazione. Segnaliamo il nome del primo deceduto dopo il ricovero nell’ospedale cittadino: Camillo Marzarino, alpino di 50 anni, originario di Asti. Giunto dal fronte con gravi ferite al braccio, si spense nell’ospedale e tutte le autorità cittadine parteciparono ai funerali e al cordoglio del primo caduto per la guerra in terra biellese. Nei giorni successivi il vescovo di Biella e l’Arcivescovo di Vercelli fecero visita ai malati ricoverati portando parole di conforto.
La guerra al cinema
Il Cinema Edison di Biella ospitò “la grandiosa pellicola” documentario dal titolo La guerra Europea, con immagini prese “dal vero, quindi interessantissima”.  I 73 quadri che compongono la pellicola erano filmati in tutti i teatri bellici europei, dalla Germania alla Russia, dal Belgio alla Serbia, dall’Austria all’Italia. Uno dei punti più rimarchevoli del documentario erano gli effetti dei colpi di mortaio da 420 nelle città di Liegi ed Anversa. Queste immagini erano rese ancor più vivide dall’esposizione di uno di questi proiettili da 420 mm nella vetrina di un negozio di via Umberto (oggi via Italia) per volere della Direzione del Cinema Edison stesso.

Da il Biellese del 24 novembre 2015

giovedì 10 marzo 2016

La storia del soldato morto e "risorto"

Nei mesi di guerra sono tante le storie personali di soldati che vengono raccontate sui giornali, per avvicinare la popolazione ai propri cari in guerra e unire virtualmente popolazione e fronte di guerra. Tra queste, una di quelle più particolari viene raccontata su La Sesia nei primi giorni di gennaio, sotto un titolo che ha del soprannaturale: “Un morto risuscitato”.

La vicenda arriva da Desana e riguarda uno dei suoi giovani soldati mandati al fronte: Giuseppe Provina: «fuciliere della classe 1895, che trovavasi al fronte, è un giovanotto bello e rubicondo, ma non troppo ferrato nel leggere e nello scrivere; per questa ragione, quando voleva dar notizie ai suoi cari ricorreva ai compagni» (La Sesia, 14 gennaio ’16). La penultima lettera inviata dal fuciliere Provina ai propri cari è «in data 3 dicembre, scritta da un altro – ma con la firma del soldato stesso -.  L’ultima del 19 dello stesso mese, non portava la sua firma in calce ed era improntata a grande tristezza: pareva destinata a preparare i suoi cari ad una dolorosa notizia». Da quel momento non arriva più al paese alcuna notizia fino al 28 dicembre, quando dall’Austria via Roma giunge a Desana un telegramma che porta «la desolazione nella casa dei Provina. Il loro Pinot, così buono così adorato dai suoi cari, era stato raccolto dai nemici sul campo di battaglia».  Mentre le due sorelle del Provina accettano la notizia e si vestono a lutto, lo stesso non accade con la madre che «non volle saperne del lutto: nel suo materno intuito non si fidava di quella notizia, e soffocando in gola e le lagrime, serbava in cuore con la speranza di rivedere il suo diletto».


La madre, quindi, inizia a scrivere lettere per avere informazioni precise dal fronte: il primo a essere interpellato è un caporale del reggimento del figlio, l’autore dell’ultima lettera di Giuseppe; poi lettere vengono scritte anche agli altri Desanesi che in quel momento si trovano al fronte nello stesso reggimento del figlio. Dal fronte, però, non giungono delle risposte alle richieste della madre. Qualcosa inizia a muoversi solamente il 4 gennaio. «La signora Varalda vedova Ferraris, presidente il Comitato desanese pro soldati, ricevette una lettera di ringraziamento del Provina ma non con la sua firma». La signora ne da annuncio alla famiglia, che però non è convinta. Il fatto che la lettera non riporti la firma di Giuseppe da il là al sospetto che qualcuno possa essersi appropriato degli indumenti inviati per Giuseppe e ora stia rispondendo usando il suo nome. Il mistero viene risolto pochi giorni dopo. «Domenica scorsa ogni dubbio fu tolto, ogni dolore fu consolato: col tram delle 9, inaspettato, giunse a Desana, il bravo Provina, fra la meraviglia e la gioia dei suoi compaesani, che lo accompagnarono festanti alla casa paterna». La storia così finisce, con un lieto fine e con la gioia per la tutta la famiglia Provina, riunita dopo giorni di sofferenza. 

giovedì 3 marzo 2016

Nuovi richiamati al fronte



A causa dell’alto numero di caduti al fronte, nonostante le affermazioni dei mesi precedenti fatte dai governanti, si rese necessaria una nuova chiamata alle armi. Furono richiamati ragazzi  di tutti i distretti del Regno, sia di prima che di seconda categoria, così suddivisi: classe 1888 granatieri; classe 1887 fanteria di linea, alpini e granatieri; classe 1886 telegrafisti del Genio, fanteria di linea e alpini; classe 1885 bersaglieri, zappatori del Genio, pontieri del Genio (eccettuati i lagunari), artiglieria da campo e da fortezza; classe 1884 artiglieria da campagna e artiglieria pesante campale. Furono richiamati anche gli abili delle classi 1876 e 1877 per la fanteria, che aveva subito le perdite maggiori, granatieri e bersaglieri.
Da queste disposizioni erano dispensati coloro che lavoravano presso l’amministrazione ferroviaria del Regno, presso l’Amministrazione telegrafica e postale dello Stato e presso gli stabilimenti militari, dato che svolgono già attività che indirettamente sono coinvolte con la guerra e che servono a garantire il corretto e fluido svolgimento delle comuni e quotidiane attività produttive e di collegamento del Paese, per quanto possibile.
Tutti gli inabili al servizio sul campo di battaglia venivano ugualmente arruolati, benché naturalmente non assegnati a compiti al fronte. Essi furono impiegati in lavori sedentari secondo le proprie attitudini e furono raggiunti da coloro che erano considerati temporaneamente inabili al servizio sedentario e avessero trascorso il periodo di convalescenza necessario almeno per ottenere l’idoneità a tali servizi lontani dal fronte. Non fu più considerato possibile, infatti, pronunciare dispense alla chiamata in sede di rassegna delle reclute, visto il grave momento di crisi.
Le famiglie di tutti questi richiamati avrebbero potuto usufruire degli aiuti economici, stabiliti dalle singole commissioni comunali, di sostegno alle famiglie dei richiamati.
Sempre in questo periodo si procedette alla revisione dei riformati delle classi 1892, 1893 e 1894. Scopo di questa revisione era l’inclusione dei giovani nella seconda o terza categoria per il reclutamento.
Chiunque non si fosse presentato agli uffici territoriali di reclutamento o di revisione sarebbe stato considerato renitente e, se identificato, condannato all’invio immediato al fronte.

Prezzi del grano d’importazione
Il Consorzio Granario Provinciale comunicava ai sindaci il prezzo e le modalità di acquisto di grano e farine: il grano estero poteva variare da 40 a 43 lire al quintale, mentre la farina di frumento era venduta a 32,50 lire al quintale. Il pagamento di queste derrate doveva essere anticipato e a questo si aggiungevano 0,05 lire per ogni quintale “a titolo di nolo tele per un mese”; in caso di mancata restituzione dei sacchi di tela entro il mese successivo l’acquisto sarebbero state addebitate 1,50 lire per ogni sacco.
La Banca di Novara si fece promotrice di aiuti per i comuni che intendessero acquistare il grano dal Consorzio, che aveva un prezzo vantaggioso, ma aveva lo svantaggio delle grandi quantità, a scapito dell’acquisto da venditori privati.

Da il Biellese del 10 novembre 2015