Una foto della corazzata Benedetto Brin |
A fine settembre del 1915 l’Italia venne
sconvolta dalla notizia della perdita della corazzata Benedetto Brin, nave da guerra che aveva partecipato allo sbarco a
Tripoli nella guerra di Libia e che si trovava alla fonda nel porto di Brindisi.
Causa dell’affondamento è l’esplosione proveniente dalla santabarbara della
nave, anche se ancora oggi non sono del tutte chiare le ragioni (c’è chi parla
di un agente austriaco o di un marinaio traditore, o semplicemente di un
incidente casuale). Quel che è certo è che su 943 uomini presenti a bordo
persero la vita 456 tra cui il comandante Giro Fara Forni e il Contrammiraglio
Ernesto Rubin De Cervin. Tra i membri dell’equipaggio, due marinai erano
provenienti da Vercelli: il cannoniere scelto Desiderio Trinchero e il
torpediniere silurista Francesco Calvo. Le famiglie dei due ragazzi fanno
telegrafare il sindaco al Ministero della Marina per chiedere delle
informazioni sullo stato dei due giovani e «il contrammiraglio Nicastro
rispose, che il Trinchero è salvo, benché ferito, e che il Calvo è affatto incolume» (La Sesia, 1 ottobre
’15).
In realtà, le prime buone notizie
vengono smentite nel giro di pochi giorni. Il cinque di ottobre, attraverso un
telegramma inviato dal Ministero della Marina, arriva al sindaco Piero Lucca la
notizia della morte del cannoniere scelto Desiderio Trinchero in seguito alle
ferite riportate durante l’incidente. Il sindaco però non fa in tempo a
comunicare la morte alla madre del cannoniere, poiché la donna è già partita
per Brindisi per prestare soccorso al figlio ferito; la donna giunge a
destinazione quando il figlio è ormai già sepolto, con grande strazio per la
madre appena giunta a destinazione. La notizia, insieme alla foto del giovane
caduto, viene riportata dalla Sesia
l’8 ottobre.
La fine della Benedetto Brin (fonte www.brindisiweb) |
Una sorte più favorevole è invece
riservata all'altro vercellese presente sulla Benedetto Brin al momento dell’esplosione. Il giovane marinaio
silurista Francesco Calvo, infatti, sopravvissuto all'esplosione torna a
Vercelli, in licenza provvisoria mentre attende di essere ricollocato su una
nuova nave. La Sesia riporta sul
giornale il racconto dell’avvenimento fatto dal ragazzo. «Il Calvo – si legge
sul giornale - era a bordo della sua nave quando avvenne lo scoppio, e si
trovava, con altri quattro compagni, nella camera di lancio dei siluri, che si
trova a due metri e mezzo sotto il livello dell’acqua a prua, mentre lo scoppio
era avvenuto a poppa. Al primo momento pensò che la nave fosse stata silurata da
qualche sommergibile nemico nascosto nel porto; ma il rombo dell’esplosione era
troppo formidabile perché si trattasse di un solo siluro (…) I cinque giovani
si trovarono improvvisamente all'oscuro, essendosi spenta la luce elettrica; il
Calvo salì per la scaletta interna, alla sala soprastante delle dinamo, dove
sentì ben presto, l’acqua sotto i piedi; passò allora nei locali dell’officina
e vi trovò aperta nel soffitto una botola, la chiusura della quale era stata
divelta dalla violenza dell’esplosione. Salito sopra un torno, vi si arrampicò
ed uscì all'aperto. L’acqua rasentava ormai il bordo della nave: il Calvo si
gettò in mare» (La Sesia, 17 ottobre ’15). Un ultimo ricordo va anche alla vittima vercellese Desiderio Trinchero,
di cui Francesco Calvo era amico e col quale era sulla Brin già da nove mesi. «La sera prima del disastro – racconta il
giornale – erano stati insieme. È ancora addolorato della misera fine
dell’amico»